Ai sensi dell’art. 2051 c.c., l’Ente Pubblico e’ obbligato a provvedere alla manutenzione delle proprie strade – per evitare pericoli e salvaguardare l’incolumità di terzi – laddove diversamente potrebbero sussistere le presunzioni di responsabilità di cui all’articolo richiamato. La Cassazione ha da tempo ben precisato che l’estensione del bene demaniale rappresenta soltanto una “figura sintomatica” della impossibilita’ della custodia da parte dell’Ente Pubblico mentre e’ compito del Giudice di Merito valutare concretamente ogni fattispecie in esame.
L’ubicazione dell’elemento causale all’interno del perimetro urbano rappresenta elemento sintomatico della possibilita’ di custodia ( Cass. Civ. 15383/06 – 15384/06). Orbene, le cadute occorse all’interno del centro urbano (dove il piu’ delle volte transitano centinaia di persone liberamente) potrebbero di fatto determinare le responsabilita’ teste’ richiamate, con il solo onere a carico del ricorrente di dimostrare l’esistenza dell’evento e l’efficienza causale dell’evento stesso rispetto ai danni occorsi. Gravera’ invece sull’Ente coinvolto dimostrare la prova liberatoria del fortuito dando la dimostrazione che il danno si e’ verificato in modo non prevedibile ne’ superabile con la diligenza adeguata al caso in concreto.
“Ai fini dell’attribuzione della responsabilità prevista dall’art. 2051 cod. civ. sono necessarie e sufficienti una relazione tra la cosa in custodia e l’evento dannoso nonché l’esistenza dell’effettivo potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale incombe l’obbligo di vigilarla e di mantenere il controllo onde evitare che produca danni a terzi. Ne consegue che il custode convenuto è onerato di offrire la prova contraria alla presunzione “iuris tantum” della sua responsabilità mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità. Nell’eventualità della persistenza dell’incertezza sull’individuazione della concreta causa del danno, rimane a carico del custode il fatto ignoto, in quanto non idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell’accadimento” (Cass. Civ. nr 5741 del 10/03/2009). La Corte osserva, infatti, come “la norma dell’art. 2051 c.c., come del resto già da tempo posto in rilievo anche dalla migliore dottrina, contempla quali unici presupposti applicativi la custodia e la derivazione del danno dalla cosa…La custodia consiste nel potere di effettiva disponibilità e controllo della cosa…La situazione giuridica qualificante è da ravvisarsi… nella particolare relazione del soggetto con la cosa, sia essa di fonte negoziale o legale…il danneggiato, secondo la regola generale in tema di responsabilità civile extracontrattuale, è tenuto a dare la prova che il danno deriva dalla cosa…la norma di cui all’art. 2051 c.c. non richiede, invero, altri presupposti applicativi (Cass. Civ. 20 febbraio 2006, n. 3651 e 14 marzo 2006, n. 5445). Correttamente si è in dottrina qualificata la fattispecie in questione come ipotesi di responsabilità aggravata …è infatti indubbio che tale inversione dell’onere probatorio incide sulla posizione sostanziale delle parti, agevolando la posizione del danneggiato con il far gravare sul danneggiante il rischio del fatto ignoto, inidoneo ad eliminare l’incertezza in ordine allo svolgimento eziologico dell’accadimento…Tale inversione dell’onere probatorio non fa peraltro venire meno la rilevanza del requisito della colpa, che concorre –seppure in via presuntiva- a costituire l’illecito, come reso palese dalla stessa possibilità di provarne la mancanza”. E, prosegue la Corte, poiché “la prova liberatoria del fortuito attiene …alla prova che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con l’adeguata diligenza, e cioè con lo sforzo diligente dovuto in relazione alle circostanze del caso concreto “ da ciò discende che “ la prova del fortuito attiene …al profilo della mancanza di colpa (cfr. Cass. Civ. 24 maggio 1997, n. 4632).
In altri termini, la condotta del danneggiato non può avere rilevanza alcuna ai fini della valutazione del concorso del fatto colposo nel cagionare il danno secondo la regola posta dall’art. 1227, richiamato dall’art. 2056 c.c., in quanto tale condotta – secondo i principi della regolarità e della efficienza causale, cui va improntato l’accertamento del nesso di causalità – lungi dal determinarlo in via esclusiva, non e’ tale da concorrere alla produzione dell’evento dannoso. Conclusione questa conforme all’orientamento in tema di prova liberatoria del custode dalla sua responsabilità ex art. 2051 c.c., secondo cui se il comportamento colposo del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico fra la causa dell’evento dannoso- che è costituita dalla res in custodia – ed il danno: esso può anche in ipotesi integrare il concorso colposo del danneggiato nella produzione del danno ai fini dell’art. 1227, comma 1° c.c. (cfr. Cass. Civ. 7727/2000).
Pertanto bisogna ben tener presente che la condotta del danneggiato puo’ tranquillamente interrompere ogni nesso causale tra il fatto e l’evento laddove assumi i caratteri del caso fortuito. E’ il caso tipico del ciclista che passeggi per una strada a lui nota e che di fatto riporti lesioni per una caduta determinata da una buca sul manto stradale.
“Spetta sempre al custode della strada dimostrare che la caduta deriva dal caso fortuito, includendo ciò anche la condotta imprudente/negligente del ciclista, ovvero se quest’ultimo aveva la possibilità di attuare concrete manovre ostative della caduta senza incorrere in nessun altro rischio….(Cass Civ ordinanza nr 6823/2018)”.